INTERVISTA| Appunti di viaggio dal Learning Live: qual’è il reale valore della formazione continua?

INTERVISTA| Appunti di viaggio dal Learning Live: qual’è il reale valore della formazione continua?
Jun. 30, 2023 - Success Stories - 6 minuti di lettura
Due settimane fa, valigia in una mano e tamponi molecolari nell’altra, il Team di OfCourseMe si è ritrovato a Londra per partecipare al Learning Live. L’evento, organizzato dal prestigioso LPI, è uno dei più importanti in ambito della formazione in Europa, nonché il primo di questa stagione post Covid-19. Non è necessario dire quanto sia stato emozionante prendere parte a un evento in presenza, e ritrovarsi finalmente di persona con i responsabili formazione dei più grandi gruppi inglesi e internazionali per discutere della situazione della formazione aziendale e dei suoi sviluppi futuri.

L’atmosfera è stata di grande entusiasmo e, tra conferenze, discussioni e numerosi caffè (molto lunghi, non italiani), abbiamo potuto cogliere numerosi spunti e riflessioni sul ruolo che la formazione continua giocherà nei prossimi anni. 

La nostra marketing manager Maria Giovanna, ha intervistato Davide (CEO di OfCourseMe) ed Adam (Head of Sales, UK) per raccogliere le loro riflessioni dopo l’evento.

Davide, partiamo dal contesto. Parlando con i manager all’evento, che idea ti sei fatto: come escono le aziende dalla pandemia, dal punto di vista della formazione? Qualcosa è cambiato?

In generale sempre più aziende stanno affrontando – dichiaratamente o meno – un profondo cambiamento culturale. Questa spinta era già presente prima della pandemia: continua innovazione e sviluppi tecnologici non sono una novità, e avevano già reso urgente la creazione di una struttura più reattiva e adattiva nelle aziende. Possiamo però dire che la pandemia ha svolto un ruolo di acceleratore e ha fatto confluire diverse esigenze: è sempre più chiaro che l’approccio strategico deve essere più flessibile, con l’obiettivo di rendere l’azienda più reattiva, resiliente, “anti-fragile” di fronte agli scossoni presenti e futuri. E il Covid ha dimostrato come chi avesse già in atto queste strategie, abbia potuto non solo sopravvivere, ma anche fiorire, durante la crisi. 

Cosa intendi con trasformazione culturale? Come può avvenire?

Per trasformazione culturale si intende un nuovo modo di considerare il rapporto tra azienda e dipendenti. Una visione strategica che metta al centro la persona, le sue potenzialità e il suo sviluppo. Viviamo in un contesto dove non si può più valutare i lavoratori in base alle sole competenze, ma in base alla loro possibilità di acquisirne nuove e di adattarsi alle nuove sfide, attraverso un percorso di crescita strutturato e personalizzato. Le risorse umane in questo senso possono svolgere un ruolo strategico, pianificando e creando una visione a lungo termine per la forza lavoro, rendendola, come si dice oggi, future-proof. Questa trasformazione culturale non può che avvenire combinando una forte sponsorship top down dal vertice con una presa di coscienza bottom up da parte delle persone, rompendo la tradizionale visione dicotomica tra azienda e lavoratori. 

Adam, al Learning Live ti sei confrontato con diverse realtà inglesi e internazionali. Quali sono le criticità e le opportunità di un progetto di digital learning?

Come diceva Davide, di sicuro alla base ci deve essere un cambiamento culturale. E, aggiungerei, un elemento chiave nel rapporto azienda-lavoratore: la fiducia reciproca. Possiamo dire che un efficiente progetto di digital learning si basa sulla sinergia tra il singolo e l’azienda. Infatti è necessario combinare da un lato libertà e autodeterminazione dei lavoratori, dall’altro guida, coaching, strategia e visione dell’azienda. L’autodeterminazione senza una unitaria visione strategica è il caos, ma d’altronde una visione strategica senza libertà di autodeterminazione creerebbe solo un’operazione elitaria, quindi sterile. 

Ma come si può, secondo te, condividere questo messaggio con i propri lavoratori, cioè creare engagement fornendo al contempo guidance e un forte senso di “purpose”?

L’engagement è la linfa vitale di ogni progetto di learning. Prima di tutto bisogna offrire degli strumenti validi ed efficaci, che permettano alle persone di inserire lo studio nel loro flow of work quotidiano, senza disperdere tempo ed energie: l’unico sforzo deve essere quello mentale di acquisire nuove skill e metterle in pratica il prima possibile. Ma nessuno strumento basta, se non è supportato da una visione al lungo termine. Prima di tutto, ci vuole una comunicazione mirata e costante. E, infine, bisogna osservare i dati: analizzando i comportamenti e la attitudini dei lavoratori, si può continuare a migliorare e rendere più efficiente la proposta formativa, creando percorsi personalizzati e aggiornati. La personalizzazione emerge sempre di più come più un fattore chiave per l’engagement: non siamo più nell’epoca del prodotto in serie, ma le persone cercando qualcosa su misura, adattabile alle proprie esigenze. E dare una risposta a queste esigenze contribuisce a creare una nuova attitudine, proattiva e responsabile: il lifelong learning.

Da Londra è tutto, a breve altre riflessioni da Lione, Francia. Continuate a seguirci!